Psicoanalisi creativa - Studio di Mediazione familiare, pedagogia e orientamento

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Psicanalisi Creativa




"Lo sguardo" dell'opera
di
Leonardo da Vinci
"La Gioconda"

Il Circolo Amici di Freud e del Pensiero Analitico, altresì Circolo del Pensiero, ritiene di potersi fondare in un'appartenenza alla Psicoanalisi Creativa e al Pensiero Creativo di cui si cura.

Sin dai tempi (chissà da quali) l'umano non nasce come individuo a sé stante e distaccato dai contesti sociali nei quali, suo malgrado, è gettato. L'essere umano nasce già in una relazione. Di lì in poi, e anche prima, il suo muoversi avverrà all'interno di strutture sociali: la famiglia, la comunità, gli amici, i parenti, i conoscenti, gli sconosciuti, la scuola, e così via. Padri, Madri, Fratelli e Sorelle che si affacciano alla propria esistenza. Queste questioni non sono così scontate come potrebbero sembrare. Se lo fossero (ovvero se lo straniero, l'altro sconosciuto non creasse angoscia, pericolo, invidia, gelosia, amore, odio, o, perlomeno, stupore), tanti conflitti non avrebbero ragion d'essere e non li avremmo davanti agli occhi in maniera quotidiana.

Dialogando e acquisendo una certa esperienza con l'altro, nei vissuti quotidiani, nelle storie, nei romanzi di ciasc-uno, compreso il nostro, quello del sottoscritto che scrive, abbiamo cominciato a maturare che nessuno può ritenersi profano della cura del proprio pensiero, nemmeno fosse divenuto, per qualche ragione, patologico. Il pensiero patologico è, difatti, divenuto tale per qualche questione che lo ha deviato, o lo ha fatto perdere, oppure disconoscere. In qualche luogo, un diritto fondamentale dell'individuo ha subito una menomazione, un irrigidimento, un'appropriazione indebita, creando situazioni di conflitto, di sofferenza, di panico. Cioè: il pensiero, per esprimersi, ha preso un'altra strada da quella della parola. Il pensiero non è che ha cessato di essere pensante, cerca altri modi affinché, con sollievo e sofferenza, possa essere nuovamente riconosciuto. Spero gradiate questa metafora: il sintomo (pensiero altro) è come se fosse una persona che bussa alla propria porta chiedendo udienza. Lo si può cacciare, allora, forse, esso tenterà di entrare dalla finestra o, se vi va, dalla porta di servizio. Lo si può mettere a tacere, o dargli una "botta in testa"; si può tentare di imbrigliare, di renderlo impotente, di fargli credere che esista un padrone più potente di lui. Si può imparare a non farci caso, forse anche questo. Ma, alla prima occasione, esso tenterà nuovamente di entrare e di farsi tradurre, proprio come si fa in una lingua.

Allora perché non considerare questo pensiero che preme un alleato, una preziosa guida, con cui misurare il proprio essere? Per tali motivi abbiamo pensato al termine "psicoanalisi creativa", ossia effetto di una creazione che riguarda molto da vicino l'essere parlante. Certo, ci rendiamo conto, questo è un modo per sovvertire alcuni schemi pre-costituiti, ma è l'unico sistema in cui il soggetto, forse, finalmente riesce a dire parole che seguano il senso dei propri pensieri. Attraverso questo senso di pensieri in movimento (in-moto), con l'ausilio e le cifrature che i sintomi, i lapsus, i sogni, gli atti mancati, i motti di spirito, nostri preziosi alleati, offrono in maniera quotidiana, vi è l'opportunità di trovare nuovamente quel diritto non più riconosciuto da tempo.

Nella Psicoanalisi Creativa il desiderio di ciasc-uno è quello di ritrovare quell'atto costitutivo e di fondamento, ossia quel momento, ricco di senso, della creazione dell'essere in quanto soggetto.

Jacques Lacan affermò, nell'anno 1975 a Parigi, durante la Journées de l'Ecole Freudienne, "(...)Se si incontra qualcosa che definisce il singolare, è quanto ho chiamato col nome di destino. E' questo il singolare. Vale la pena che sia tirato fuori, cosa che avviene per una buona sorte, sorte che ha comunque le sue regole. C'è un modo di stringere il singolare, ed è proprio per la via del particolare, di quel particolare che io faccio equivalere al termine sintomo".

Sarebbe vano il cercare altrove da quel luogo in cui già si è -- se vogliamo -- creati (ovvero in formazione): ossia il proprio destino. Riconoscerlo, non è attività agevole, occorre del tempo e, perlopiù, variabile; è necessario un lavoro, una creazione, il desiderio di affacciarsi a quel senso incompiuto della propria opera d'arte. E' un'occasione in più.

Il bambino, quando gioca, crea attraverso i propri sogni (anche ad occhi aperti), le proprie favole, la propria fantasia. Il bambino e la bambina sono degli artisti che, se riusciranno, non si perderanno troppo dietro a certi effetti patologici della nostra cultura. Il bambino e la bambina sa conciliare il principio di piacere con quello di realtà. Non ha bisogno che glielo si insegni.

In tal senso l'educazione è solo e sempre per l'adulto, costruita a sua immagine e somiglianza.


La Gioconda di Leonardo, per quanto si mostri nello sguardo, è opera incompiuta.

Maurizio Forzoni

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