Sogni come bussola (2) - Studio di Mediazione familiare, pedagogia e orientamento

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Bambina tennis
Sogni come bussola (2)
di Maurizio Forzoni
              
Maurizio Forzoni
  
Oggi racconto un sogno che ho prodotto questa notte. E' importante lavorare con i propri sogni perché sono sempre una finestra aperta, spalancata sull'inconscio. Freud, del resto, è stato il primo a parlare dei propri sogni per dimostrare la ricchezza della produzione onirica. Occorre, a tal riguardo, fare una premessa. Nessuno riesce ad interpretare un sogno se non sotto transfert e nel lavoro di orientamento. Chi lo può fare da sé (con le giuste precauzioni e riserve) è perché già ha lavorato con un altro e quindi ha vinto certe resistenze (quelle che Freud chiamò censure oniriche). I miei sogni, dopo il lavoro che ho fatto, appaiono infatti molto chiari, parlano da sé, per cui mi è molto facile coglierne il significato.

Premessa: Il sogno nasce proprio dalla rilevazione dell'attuale situazione in Italia. Questa cappa che incombe sul nostro paese, ove a causa di un virus misterioso e straniero (straniante), è stata limitata la libertà di movimento, d'incontro, addirittura, in certi casi, di pensiero. La diffidenza verso l'altro è incentivata e istigata. L'angoscia è in ogni luogo. E questi bambini si trovano spesso a dover fare i conti con genitori estremamente ansiosi e preoccupati, tra mascherine, lavaggi frequenti alle mani e al viso, limitazione dei contatti, gite,  divertimenti che saltano e che non si possono fare più. Tratti ossessivi, attese angosciose con cui, una volta terminata questa "emergenza", faremo i conti, sia dal punto di vista economico, sia da quello psichico.

Il sogno è la dimostrazione che l'essere uman-parlante pensa anche quando dorme.

Ecco il lavoro onirico che ho prodotto questa notte: "Sono spettatore-allenatore di una partita di tennis ove una bambina, di circa 5-6 anni, sta giocando al doppio, con un adulto (forse suo padre) come partner e altri due adulti, anch'essi maschi, come avversari. Gioca molto bene e davvero sta bacchettando i suoi avversari con colpi magistrali. Ad un certo momento, gli avversari cominciano a fare “i furbi”, a mettersi di traverso, la denigrano, la prendono in giro, le fanno perdere la testa. In pratica, la ingannano. Da quel momento lì, questa bambina comincia a non avere più fiducia nelle sue capacità, sbaglia i colpi, gioca male. A questo punto intervengo io e comincio ad ascoltarla, per capire cosa stesse succedendo. Cerco di fare un lavoro di aiuto e sostegno, ridandole fiducia nelle sue potenzialità. Poi, ad un certo momento, mi arriva l'intuizione. Le dico che l'importante non è vincere, o la competizione a tutti i costi, ma divertirsi. Il gioco è divertimento. Si gioca per divertirsi. Da lì in poi, questa bambina ricomincia a giocare bene e a sfruttare il suo talento”.

Ve lo dicevo che il sogno è chiarissimo. E' un sogno che mostra bene cosa si fa in un lavoro di ri-orientamento del pensiero, o difesa del pensiero. Si aiuta il soggetto, bambino e adulto, a rimettere a frutto il proprio talento, la propria vocazione. Se oggi possiamo individuare un sintomo dilagante nelle nostre scuole, un vero virus straniero e straniante (nel senso che, a causa d questo, molti talenti dei giovani alunni si perdono e ne restano mortificati), è l'eclissi del desiderio. Nelle aule scolastiche, tra programmi (spesso forzati), imperativi, divieti, istigazioni al profitto, alla competizione, ad essere il migliore, il più bravo della classe, il cocco della maestra o della mamma o del papà, non c'è più spazio per imparare con piacere, come un gioco. Perché studiare è un gioco che può essere divertente oppure mortifero/mortificante.

I bambini ce lo insegnano molto bene: attraverso il gioco imparano, si formano, crescono, incontrano partner, si divertono. Sfruttano, insomma, i propri talenti. Sono coinvolgenti, irresistibili, creativi.  Nel momento in cui entrano a scuola, invece,  vengono sovente proiettati in un mondo che non riconoscono. Ovvero si comincia con il far loro credere che lo studio sia un dovere, un obbligo, in contrapposizione al momento ludico/ricreativo rilegato nel risicato tempo della ricreazione,  interpretata come una sospensione dal dovere,  una pausa, un momento di gioco, di svago, di divertimento (una sorta di libertà vigilata oppure "ora d'aria" ). In questo dualismo, come sempre accade con i "dualismi", cominciano spesso a cadere in quelle teorie secondo cui il lavoro, lo studio, è solo un sacrificio, un sudore della fronte (oh, quanti adulti, vivono il proprio lavoro come una prigione, una condanna). Imparare è divenuto “un dovere”, “un obbligo”, "un imperativo".  Non è più il loro mondo, e molti talenti si spengono. Non riescono più ad emergere, tanto sono concentrati (e aspirati) nel soddisfare le ambizioni e le pre-tese degli adulti, dello Stato, del Grande Altro. Come possono divertirsi? E perché gli adulti non riescono più a divertirsi nel formarsi e lavorare con i bambini?

Come sempre vi lascio nelle domande. Non do risposte. Ma inviti a pensarci, uno ad uno.

L'inconscio (il bambino) lavora bene (o ci offre soluzioni alle nostre nevrosi), anche mentre dormiamo.


Arezzo, lì  27/02/2020


© Dott. Maurizio Forzoni    

Maurizio Forzoni (info@maurizioforzoni.it/347.8392440), pedagogista, mediatore familiare e orientatore esistenziale, attualmente svolge attività di pedagogista,  orientamento esistenziale e formativo nelle relazioni d'aiuto in ambito familiare, soggettivo, scolastico, all'interno del Centro Formativo, didattico-pedagogico, di orientamento e ricerca UniSocrates di Arezzo, città nella quale vive. E' iscritto al Registro Nazionale Orientatori presso l'Associazione Nazionale Orientatori – Roma, ed è formatore e supervisore autorizzato Eipass – European Informatics Passport.
(C) 2022 Dott. Maurizio Forzoni

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