Resistenze al cambiamento - Pensieri in movimento -- Maurizio Forzoni

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RESISTENZA AL CAMBIAMENTO
di Maurizio Forzoni
                

Maurizio Forzoni
 Pensare è agire. E' già un'azione. Spesso non si percepisce che, in ogni momento della nostra vita, anche per mangiare, passeggiare, stare attenti a dove mettere i piedi, utilizziamo lo strumento più importante che ciascuno di noi possiede: il pensiero. Così come ci è utile per muoversi e svolgere i compiti che ci siamo prefissati, raggiungere mete e obiettivi, può succedere che il pensiero subisca un arresto, non lo si riconosca più come fonte di possibile guadagno, beneficio e relazione. Si finisce per lavorare in perdita o per muoversi e agire non secondo pensieri propri, ma ripetendo quelli di altri, sino a che, senza più riconoscerli, finiamo per pensarli nostri (nel rituale ossessivo questo è estremizzato, ovvero il soggetto compie azioni in maniera indotta, sempre uguale, senza più pensarci). E' ciò che si chiama cadere negli ideali, sino a vivere vite non proprie. Sono spesso le aspettative, le costruzioni, le visioni del mondo che altri soggetti parentali e sociali ci hanno trasmesso.  

Il soggetto, però, in un modo o nell'altro, sa e sente che quella non è la propria vita, non è il proprio pensiero, non è la meta che realmente desidera. Perciò ne nascono dei conflitti, delle obiezioni, delle contraddizioni sintomatiche. Non ascoltarle, non le mette a tacere, ma queste possono divenire ancora più insistenti, petulanti, questuanti. Mi inquietano quegli psicoanalisti che spingono il soggetto a conformarsi alla civiltà, senza aiutare il soggetto ad ascoltare il proprio sintomo. Ciò è più comune di quanto si pensi. Sono dei "professionisti" fallici, che non hanno fatto conto con il proprio Super-Io.

Occupandomi di formazione, orientamento esistenziale e interventi pedagogici, ho potuto riscontrare quanti fallimenti personali, familiari, affettivi, professionali e di carriera scolastica si sono verificati perché il soggetto ha scelto strade e modi di vivere non solo consigliati, ma in tali casi proprio imposti da parenti, familiari, amici. E' il principio di comando (Super-Io) che,  sotto la veste dell'amore, spinge il soggetto ad essere e pensarsi "come Tu mi vuoi". E' un evento di reale più comune di quanto si possa credere. Ci si conforma sempre per il timore e la paura di essere abbandonati. Solo che, molto spesso, questo abbandono si è già verificato, ed è rappresentato dal tradimento del proprio desiderio.

Il soggetto che, in un modo o nell'altro, percepisce che qualcosa nella propria vita non va, è sicuramente desideroso di un cambiamento. E' alla ricerca di un partner che lo aiuti in questa strada. Non tutti coloro che stanno male nei "propri panni" cercano di cambiare. C'è chi ci sta bene. Chi si pensa "fatto così", ossia ben fatto. Perché dovrebbe affrontare un percorso, un lavoro, se in realtà sono gli altri che non vanno bene, che non lo comprendono, che non lo valorizzano per quanto vale? Sono gli altri che devono cambiare o che devono conformarsi al suo modo di vivere e vedere le cose.

In ogni nucleo familiare, divenuto "nocciuolo duro", ci sono soggetti che, pur desiderandolo, incontrano molte resistenze al cambiamento. Queste resistenze possono essere sia del soggetto in questione (nel senso che si mette in questione, al lavoro), sia e soprattutto degli altri membri familiari che non vogliono perdere lo scettro del comando, e la propria posizione, anche se patologica. Un membro della famiglia che manifesta un sintomo, un disagio, un malessere, mette in realtà a giudizio l'intero ambiente familiare e, se vogliamo, l'intero universo nel quale vive. Non a caso, nei tempi dei tempi, ma avviene ancora oggi seppur con metodi diversi, il cosiddetto "malato di mente" faceva paura e veniva confinato nei manicomi, o imbottito di psicofarmaci. Perché, con i propri sintomi, denunciava e denuncia che qualcosa in quell'ambiente non è andato per il verso giusto. Perciò la follia è temuta, per la verità di cui è portatrice.

Questa resistenza oggi la vediamo anche in ambiente scolastico con i bambini che hanno una qualche difficoltà nella lettura, nella scrittura, nel "far di conto", o che non riescono a stare fermi nel banco o che, comunque, non si conformano e non seguono il medesimo passo. Si passa subito all'azione diagnostica, li si indirizza dal "professionista". Senza interrogarsi su che cosa, quel bambino lì e non un altro, stia dicendo con quella manifestazione sintomatica. E' un'occasione persa --  per genitori e insegnanti -- nell'imparare qualcosa. Perché il mondo degli adulti fatica a mettersi in discussione, quando ciò che i bambini ci dicono è in realtà semplice semplice? Perché un bambino che viene a dirci qualcosa, mette a giudizio l'intero sistema, cerca di difendersi, anche se lo fa in maniera debole e inefficace, con rifiuti ed evitamenti fobici. Probabilmente il sintomo, la difficoltà di cui quel bambino o quella bambina si sta facendo portatrice, e sta denunciando, non è suo, ma di qualcun altro con cui è entrato in relazione o in conflitto. Sono gli adulti che avrebbero bisogno di cambiare, di leggere e rileggere la propria storia, i propri errori formativo-educativi,  affinché quel bambino abbia una possibilità di affrontare le proprie difficoltà.






© (2006-2019) -Dott. Maurizio Forzoni

Arezzo, lì 14/12/2019


    Maurizio Forzoni (info@maurizioforzoni.it/347.8392440), pedagogista, mediatore familiare e orientatore esistenziale, attualmente svolge attività di pedagogista,  orientamento esistenziale e formativo nelle relazioni d'aiuto in ambito familiare, soggettivo, scolastico, all'interno del Centro Formativo, didattico-pedagogico, di orientamento e ricerca UniSocrates di Arezzo, città nella quale vive. E' formatore della didattica innovativa iscritto al Registro Internazionale I.E.T, è iscritto al Registro Nazionale Orientatori presso l'Associazione Nazionale Orientatori – Roma, ed è formatore e supervisore autorizzato Eipass – European Informatics Passport.



 
                          





























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