Perché la guerra tra eredi? - Pensieri in movimento -- Maurizio Forzoni

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Perché la guerra tra eredi?
Perché la guerra tra fratelli, sorelle, nipoti, parenti, per questioni di eredità?

Arezzo, lì 18/08/2018


Oggi parliamo di quelle problematiche, avversità, obiezioni al rapporto, odio, guerre e conflitti che si riscontrano tra i discendenti diretti di parenti defunti (e non solo). Sappiamo molto bene che, per fortuna, non tutte le famiglie vengono coinvolte in queste situazioni o, sarebbe meglio dire, vere e proprie tragedie greche, con tanto di pantomima,  ma, nei casi in cui questo si verifichi, è bene che i soggetti implicati ne aprano una questione e, se non è possibile una mediazione, tentino di comprendere i fatti da cui tutto ciò può essere derivato e scaturito.

Nelle famiglie dove già vigevano in origine situazioni di invidia tra fratelli/sorelle, obiezioni al rapporto, rivendicazioni, litigi, malumori o altre questioni del genere, magari tenute a freno o coperte dai genitori viventi e nel pieno possesso delle proprie facoltà psico-fisiche, al momento del decesso del padre o della madre, o anche nel momento in cui uno dei genitori è oramai in età avanzata, quindi in una situazione certamente di fragilità, può accadere che tutti questi conflitti vengano maggiormente alla luce e le pulsioni aggressive e distruttive di uno o più soggetti, nei confronti dei fratelli, sorelle –  addirittura nipoti – considerati rivali,  si mostrino in maniera cosciente ed evidente. In tali casi, quindi, la miccia si accende molto facilmente, e si riscontrano sovente litigi, rivendicazioni, abbandoni, discredito, dispetti, sino a giungere a minacce, atti intimidatori, calunnie, diffamazioni, e così via. L'uomo, come già rilevava Freud, non è un essere mansueto, capace solo di difendersi se offeso, ma spesso diviene un aggressore, un manipolatore, un offensore, soprattutto per questioni di denaro e potere. Le guerre non nascono solo per il gusto di  nuocere all'altro, bensì –  e soprattutto –  per questioni di comando e dominio, di invidia, di non riconoscimento dell'altrui diritto ed esistenza.

Tali azioni di aggressività e tentativi di fare fuori l'altro invidiato dall'asse ereditario e affettivo, si può riscontrare non solo come offesa nei confronti di fratelli discendenti diretti, ma addirittura da parte di zii o zie (cugini e cugine)  nei confronti dei nipoti di uno dei fratelli defunti che hanno, per diritto, ereditato dal nonno paterno. In tali casi l'odio, l'invidia, l'avversità che vi furono tra i fratelli, ricadono nella testa dei nipoti, come nelle più classiche saghe di guerre familiari e fratricide. In tale ambito si riscontrano situazioni anche di fratelli o sorelle che monopolizzano il padre o la madre anziani, nella fase della loro vita  di maggiore fragilità e dipendenza dall'altro, per escludere gli altri eredi, con il tentativo sia di arrogarsi ogni diritto e privilegio dal prossimo parente vivente (pensiamo alla pensione, all'attenzione assoluta, ai servizi,  ecc), sia pensando di ottenere in tal modo un vantaggio e l'esclusione del “temuto”rivale dalla successione  testamentaria. Il soggetto offensore, insomma, non riesce a tollerare che l'altro possa avere gli  stessi diritti, ed è più concentrato affinché l'altro, il fratello, la sorella, il nipote e la nipote, non abbia, non goda nessun beneficio, che di accogliere e possedere a sua volta l'eredità. Ci sono persone che hanno preferito vedere andare in rovina un patrimonio, un bene ereditato, piuttosto che dividerlo con  fratelli, sorelle e/o nipoti.

In tutti questi esempi tratti dalla patologia della vita quotidiana, possiamo chiederci – come già fece Freud e Einstein in un altro contesto –  perché la guerra (e non la pace)? Casi del genere sicuramente si riscontrano in famiglie già in guerra, ove i complessi familiari, da parte di alcuni membri, non sono mai stati né affrontati, né tanto meno risolti: complesso di intrusione, complesso edipico, narcisismo patologico, pulsioni aggressive nei confronti del padre, della madre, dei fratelli e sorelle ritenuti usurpatori e odiati rivali, desiderio di essere l'unico e indiscusso destinatario dell'amore dei genitori, e così via. Famiglie in cui ha sempre convissuto una sorta di aggressività latente e/o manifesta, nonché obiezione al rapporto,  assenza di relazione e di riconoscimento del desiderio proprio e dell'altro. Se a tutto questo si aggiunge una forte  dose di cupidigia, avidità, avarizia, ecco che la guerra è pronta ad essere dichiarata o i conflitti a prendere nuova forza.

Sono questioni di cui spesso non si parla, sia per pudore, sia perché non si vuole intaccare quell'“Amore” che nelle famiglie si ritiene presupposto, scontato, dato per certo, indissolubile, granitico. L'unico significato che si può dare all'amore è, invece, quello di lavoro, vantaggio, utile, produzione di frutti. Fare all'amore è fare affari, con reciproco vantaggio. Una famiglia funziona quando tutti i membri sono soci, partner, e il risultato si misura sempre dai frutti o utili che questa ha prodotto nel corso del proprio lavoro. Non è  essere materialisti verso l'amore o la famiglia, ma è riconoscerne la facoltà/potere  di produrre ricchezza. Ci sono famiglie che si perdono nella ricerca dell'Amore Assoluto, dell'oggetto perduto, per poi ritrovarsi poverissime e indebitate sino al collo. Meglio, quindi, fare dei bilanci e con una certa frequenza.

Torniamo all'eredità che è la questione da cui siamo partiti. Io suggerisco spesso ai padri e alle madri, ai figli e alle figlie, di aprirsi, accogliere, riconoscere e accettare <<l'eredità>> tra vivi (in quanto offerta  tramutabile in lavoro) e di lasciare che i morti seppelliscano i loro morti (come disse un pensatore come Gesù).

Quando tutto ciò non è possibile, non resta che il tentativo di conciliazione e mediazione tra le parti –  prima che sia  troppo tardi – anche per evitare di essere chiamati in giudizio e sottoposti a estenuanti udienze e lungaggini giudiziarie (e, come sappiamo, i tempi/costi della giustizia non sono mai  a misura d'uomo).

© (2006-2019) -Dott. Maurizio Forzoni


Maurizio Forzoni (info@maurizioforzoni.it/347.8392440), pedagogista e orientatore esistenziale, attualmente svolge attività di pedagogista,  orientamento esistenziale e formativo nelle relazioni d'aiuto in ambito familiare, soggettivo, scolastico, all'interno del Centro Formativo, didattico-pedagogico, di orientamento e ricerca UniSocrates di Arezzo, città nella quale vive. E' formatore della didattica innovativa iscritto al Registro Internazionale I.E.T, è iscritto al Registro Nazionale Orientatori presso l'Associazione Nazionale Orientatori – Roma, ed è formatore e supervisore autorizzato Eipass – European Informatics Passport. Ha scritto articoli e seminari, tra cui: "Dall'Ideale alla relazione", "Fare il bene fa bene? Analisi dei rapporti parassitari", "Questione d'etica", "Prendersi cura dell'altro nell'era contemporanea", "Il capitale del soggetto", "Il partner e la formazione analitica", "Il soggetto dell'inconscio", "La paura del vero", "Sulla formazione dello psicoanalista", "La psicoanalisi dal divano all'aula di tribunale:psico-appropriazioni indebite", "In genere l'incontro è speciale", "Dall'Ideale alla Relazione", "Pensiero e azione dell'insegnante come imprenditore a scuola" (intervento al corso di formazione accreditato MIUR e organizzato dal Laboratorio di Formazione e Lettura psicoanalitica di Torino, dal titolo "Scuola alla prova dell'appuntamento -- Facilitare i rapporti a scuola")
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