Invidia e danno - Pensieri in movimento -- Maurizio Forzoni

Pagina facebook Maurizio Forzoni
Canale Youtube Maurizio Forzoni
Vai ai contenuti
Articoli e seminari
Individuo
INVIDIA E DANNO
di Maurizio Forzoni
                

Maurizio Forzoni
  
Torniamo a parlare d'invidia. L'invidia è una perversione di pensiero e non è un fatto naturale. Non si nasce invidiosi, come qualcuno vorrebbe far credere. Invidiosi si diventa e sempre perché, nella famiglia d'origine, già esistevano soggetti che soffrivano di questo disturbo e incaglio del pensiero. Rientra, quindi, tra quelli che noi chiamiamo errori formativi, educativi ed orientativi.

E' molto difficile che chi soffre d'invidia possa riconoscere di avere il problema. E' sempre negato. “Io non sono mica invidioso/a”... E' la frase che viene detta da colui che è in realtà invidioso. E' un'ammissione nella forma tipica della negazione. Molto comune è anche il confondere l'invidia con la gelosia.  Questa  è spesso un'ulteriore strategia (stratagemma) per mettere fuori strada, per mischiare le carte, per collocarsi in mezzo tra due o più litiganti (tra i due litiganti, il terzo gode e comanda).

Per cui, salvo rare eccezioni, si può lavorare esclusivamente con il soggetto che cade vittima dell'invidia e odio di un qualche familiare o parente prossimo che, nei casi più gravi, ne aspira la distruzione e la perdita di qualsiasi facoltà orientativa, economica, patrimoniale. Spesso il soggetto vittima, se non se ne è accorto in tempi precoci, arriva in orientamento esistenziale con un bagaglio di sconfitte, perdite, fallimenti e con situazioni di disordine economico/finanziario/sociale/lavorativo molto pesanti. Sarebbe sempre meglio, quindi, riuscire a lavorarci per tempo. Ma, in casi avanzati, è sempre possibile ricostruire la propria esistenza, anche se l'unica strada è spesso quella dell'allontanamento e distanza dal soggetto o i soggetti portatori d'invidia, dal momento che, come detto, questi ultimi, non riconoscendo mai la loro posizione perversa, difficilmente cesseranno di mettere in atto tutte quelle azioni e cattive parole/intenzioni a danno del “rivale odiato”.

Il soggetto invidioso può essere sia uomo che donna. Nella donna, va specificato, le azioni distruttive sono in genere più sottili, meno evidenti, ma a volte più pesanti e manipolatorie di quelle maschili, perché finiscono per creare seri problemi anche ai figli e alle figlie. Il mito di Biancaneve o di Cenerentola è stato creato per mettere in evidenza il "mal d'invidia". Poi è stata sostituita la figura della madre, con quella delle matrigne e delle sorellastre, per il timore di toccare l'idea di sacralità de "La Madre" e de "La Famiglia". E' invece storicamente rilevabile che i peggiori abusi e ingiustizie si consumino nella famiglia d'origine. Ma non se ne può parlare, nel sociale, se non negandolo.

Le famiglie sono tali solo quando società in affari, cooperative tra soci. Altrimenti diventano ricettacoli di rivendicazioni e mal-affari.  Società per delinquere, le ha chiamate, in tali casi, lo psicoanalista G. Contri. Se ne contano, se ne contano. Più di quanto si voglia ammettere.

Il danno che il soggetto subisce in tali casi è sempre di natura giuridico/economica. In verità la prima perdita è dell'economia del soggetto, dei propri desideri, del proprio principio di piacere, sino, nei casi più gravi, all'impoverimento del pensiero. E dopo può giungere anche la miseria economico/patrimoniale. Le due economie, quella di pensiero e quelle di bilancio, non sono mai separate. Prima si perde il pensiero, e poi si può finire per perdere  il lavoro, i beni, la propria sicurezza economico-finanziaria. Non avviene mai il contrario. Prima ci si ammala nel pensiero, e poi si perde tutto al gioco d'azzardo. E non l'inverso.  Spesso soggetti del genere, lasciano anche gravi situazioni d'indebitamento ai propri figli. E ciò  ha ripercussioni nell'esistenza dei soggetti implicati.

Nel lavoro con la vittima d'invidia, quindi, si tratta sempre di riorientare il pensiero  nel riconoscere il danno o i danni subiti, ossia tutti quegli errori ed inganni nei quali è caduto. Solo questo lavoro può aiutare il soggetto ad uscire dalla rivendicazione, da quello stato d'immobilità, dall'incarnare il ruolo di "vittima sacrificale",   per entrare nel ritrovamento dei propri genuini progetti di vita.

In orientamento esistenziale non si fa teoria, anzi, si fa un lavoro d'imputazione/giudizio delle teorie e si mette in pratica ciò che s'impara dal riconoscimento dei propri errori nei quali spesso il soggetto è stato indotto.  

Si dice confondere le idee. Io preferisco confondere i pensieri. Se ne può sempre uscire e riuscire.

© (2006-2019) -Dott. Maurizio Forzoni

Arezzo, lì 20/11/2019


    Maurizio Forzoni (info@maurizioforzoni.it/347.8392440), pedagogista, mediatore familiare e orientatore esistenziale, attualmente svolge attività di pedagogista,  orientamento esistenziale e formativo nelle relazioni d'aiuto in ambito familiare, soggettivo, scolastico, all'interno del Centro Formativo, didattico-pedagogico, di orientamento e ricerca UniSocrates di Arezzo, città nella quale vive. E' formatore della didattica innovativa iscritto al Registro Internazionale I.E.T, è iscritto al Registro Nazionale Orientatori presso l'Associazione Nazionale Orientatori – Roma, ed è formatore e supervisore autorizzato Eipass – European Informatics Passport.



 
                          





























info@maurizioforzoni.it
© (2006-2019) -Dott. Maurizio Forzoni

Torna ai contenuti