Gli inciampi dei discorsi - Pensieri in movimento -- Maurizio Forzoni

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I Compiti Impossibili - Gli inciampi dei discorsi di Maurizio Forzoni
Circolo Psicanalitico

Eravamo incerti, il sottoscritto e Flavia Giacometti, con la quale ci consultiamo -(e confrontiamo)- per i titoli che riguardano i miei interventi, se nominare il presente: "gli inciampi del discorso", ovvero "gli inciampi dei discorsi".

Con naturalezza, direi, abbiamo optato per: "gli inciampi dei discorsi".

Non esaustivamente per questioni legate ai discorsi individuati da Lacan in quello del Padrone, dell'Isterica, dell'Università, dell'Analista, della Scienza e del Capitalista. Discorsi che hanno, comunque, la loro circolazione quotidiana e dove non è trascurabile l'asse soggettiva in cui ci si es-pone.

La scelta concerne nel fatto, a mio avviso, che i discorsi non possono essere delimitati in una funzione circoscritta: essi sono tanti quanto le occasioni di parola offerte da e a ogni singolo individuo.

Nella pluralità ex-iste, quindi, la possibilità del singolare.

E' proprio negli inciampi dei "discorsi" di ciascuno, ove è iscritta la propria storia e le proprie variabili, che un senso può essere raccolto. Là ove è già un-prodotto.

A noi conviene occuparci di questi segni.

Non tutto è universale, benché sia inscritto in esso. Vi è sempre quel particolare che, nei discorsi di ciascuno, preme, spinge, affiora, stupisce, ripete, insiste. E' stra-vagante: non c'è che dire!!!!

Non è "roba". Tanto meno da manuale.

"Io non sono indotto. Io non sono mai indotto. Io sono prodotto." - Jacques Lacan

Parlava di sé. E ogn-uno può farlo. Anzi già lo fa, malgrado.....

E' vero... ciò che ha detto Roberto e Giancarlo, si percepisce proprio in giro, questa questione del gruppo, della categoria, dell'appartenenza... è davvero.... squallido... il gruppo massa.... pseudo sicurezze.

Comincio con un linciampo che il meno che si possa dire è che mi mi riguarda.....Parlava per sé …. che poi dopo rilettura, ho corretto con parlava di sé......

Mi piace molto affrontare questa sera il tema degl'inciampi dei discorsi: lapsus, motti di spirito, sbadataggini, atti mancati (ossia meglio riusciti), sino ad arrivare ai sogni e a quelle manifestazioni, tutte particolari, che possiamo chiamare sintomi.

Tra le scoperte di Freud, a mio avviso, o meglio tra le analisi di Freud nate dall'ascolto e dall'osservazione del proprio dire e di quello di altri, questa è davvero sconvolgente. In maniera diversa lo è quanto l'importanza dei segni che affiorano nei sogni. Si, perché quest'inciampi non sono verificabli esclusivamente negli ambiti del cosidetto patologico, ammesso che possa farsi una distinzione tra sano e patologico, ma nascono dall'osservazione di tutti, nel quotidiano. Psicopatologia della vita quotidiana, la chiama Freud. Anche il non nevrotico (ammesso che ci sia qualcuno di noi che non lo sia o non lo sia stato, anche se per un attimo o jun periodo, o più periodi) ci incorre e possiamo dire anche molto spesso. Si casca nel lapsus linguae, qualcosa inciampa e non ci si può trattenere. L'io ci prova, come sempre, ma poi qualcosa scappa fuori e ci dice intenzioni che noi vorremmo censurare o di cui non vogliamo saperne nulla.

E' strabiliante questa osservazione di Freud. Mi emoziona, ogni volta che ci penso e ci presto attenzione.Quando cominciai a comprendere l'esistenza di questi inciampi, mi dicevo, molto baldanzoso, che ora che ne sapevo, per me sarebbe stato più facile controllarli. Mica ci sarei cascato più. Ma non mi ci volle molto per capire che non è così. Se scappa, scappa, malgrado le prese, le resistenze e i tentativi di controllo. Si sa, la presunzione umana è sempre stata molto forte e allora si crede di avere il dominio e il controllo di sé stessi. Salvo udire un certo Freud ricordarci che l'Io non è padrone nemmeno in casa propria. Eppure si gioca molto a fare i Padroni. L'umano, da sempre, è tentato da questo o si appoggia a un Padrone: lo aspira, lo auspica, ovvero tenta di dimostrare di esserlo e ci perde tante energie. E' spossante, un tale lavoro.

E' davvero così difficile riconoscere che la storia di ciascuno è oltre a quello che appare ed è proprio in ciò che scappa, che sfugge, che entra nei discorsi, senza chiedere nemmeno il permesso? Eh già, perché nemmeno bussa e nemmeno suona alla porta. Deve essere un gran maleducato questo inconscio, ecco forse perché lo si tratta male. Eppur dice. Insiste. Usando un termine giuridico, che mi piace molto inserire, ESSO DOMANDA UDIENZA.

Un po' di tempo fa, per passare alla storia di un discorso, perché sono questi di cui si può parlare se vogliamo affrontare la questione, una ragazza sposata con due figli, mi diceva che spesso dimenticava le chiavi in casa e si chiudeva fuori, oppure dimenticava la chiave nella porta. Le capitava anche di dimenticare la chiave nella portiera della macchina, mentre si recava in centro. Successivamente mi parlò della sua storia, ossia che viveva, asieme al marito e ai figli, nell'appartamento sotto lo suocera, la quale aveva anche le chiavi del loro appartamento ed entrava senza chiedere il permesso. La macchina, con la quale viaggiava, apparteneva alla suocera, e lei era stata costretta a questo uso a causa di alcune problematiche del passato. Allora lei, con questi atti di sbadataggine, non faceva altro che manifestare il suo desiderio di posare chiavi non sue. Le mollava lì. O dentro casa o nella soglia. In fondo, in questi atti, non era mica tanto sbadata, sapeva benissimo ciò di cui si trattava. Se non lei, qualcosa parlava per lei, e smascherava le sue vere e profonde intenzioni.

Un altro esempio, su cui possiamo riflettere, avvenuto proprio di recente è il seguente:

Mi sono trovato, avendone investitura come Avvocato della Salute, a rappresentare la parola tra un inquilino e il padrone di casa.

Questa era una situazione, ove era facilmente possibile raggiungere un'intermediazione, senza ricorrere agli estremi della Legge dello Stato. Ovvero, stare nella Legge, senza doverla chiamare in Appello, per l'impossibilità di raggiungere un accordo.

Senza scendere nel particolare, non è qui la questione, il Padrone di casa, accompanato da un Nipote, portava avanti le sue ragioni.

Al Padrone non risultavano il pagamento di tre rate di affitto. All'inquilino ne risultavano non pagate solamente due e poteva dimostrarlo con le contabili relative ai bonifici.

Niente di male. Può succedere. Facevamo notare le ragioni dell'inquilino, ma con scarso successo.

Facevo notare, vista un pò l'arroganza del Padrone dell'immobile e del Nipote, che magari avrebbero dovuto ascoltare anche le ragioni del mio assistito, senza partire con prevenzione.

Mi accorgevo che non c'era ascolto. Era una situazione usurante.

Essi, i Padroni, insistevano su questa posizione, senza dare all'inquilino il beneficio del dubbio.

I toni si alzano un pò.

Vedendo che questi due soggetti sono pronti a sottolineare solo la mancanza dell'altro, dell'inquilino, tenendolo alle corde, sempre in difetto, mi scaldo un pò anche io. Mi rendo conto che, da parte loro, non c'era volontà di pensare che, bene o male, visto i tempi di crisi che corrono, non erano incappati in un inquilino poi così male.

Dico ai due proprietari che vero è che non risultano tre pagamenti (forse due, da provarsi), ma è altrettanto vero che all'inquilino mancano all'appello ben 5 ricevute fiscali dell'avvenuto pagamento.

In più l'inquilino ha proceduto a imbiancare le stanze affitatte di sua spontanea volontà, anche se non era compito suo.

Mi accorgo che non vengono raccolte nessuna delle nostre osservazioni.

Questi due soggetti, erano solo concentrati a dire che l'inquilino era in difetto. Ossia: se accetti di prostrarti, può andar bene, ma togliti dalla mente di darmi la prova delle tue ragioni.

L'ho trovato un modo di porsi molto arrogante. Ne parleremo, verificando se riuscirò a farli mettere d'accordo.

Da lì in poi, in un crescendo, sono affiorati tutta una serie di lapsus linguae dei due Padroni di cui merita discorrere:

"Non è per fare il pignolo". "Non è per mettere problemi".

E per ultimo: "Non voglio irritarla", rivolto al sottoscritto.

Al che, non facendocela più, sbotto e gli dico che, con quest'ultima frase (tralasciando le altre in cui si è imbattuto), mi ha dimostrato, con uno dei più classici lapsus linguae, che la sua intenzione era proprio quella di irritarmi.

Si ferma. E mi ringrazia, con sarcasmo, della bella lezione di latino che gli ho dato.

"No, no" - gli dico - "è semplicemente il suo inconscio che ha dato una lezione ad entrambi, manifestando le Sue reali intenzioni belligeranti".

Questo è un classico esempio d'inciampo di un discorso.

Di recente, come in questo esempio, in acluni casi sto tentando di tirar fuori qualcuno che lo desideri, dall'andare per forza nelle Aule di Giustiza, ove, comunque vada, la partita comincia già in perdita. Oggi molti auspicano la conciliazione. Anzi, da una nuova normativa, è stata resa obbligatoria. Altro inganno. Io credo che, come in questo esempio, la conciliazione serva molto alle ragioni del più forte e rischi di penalizzare le vere ragioni di una lite, seppur motivata. Per cui, vedo una strada in salita, in questa direzione. Forse la prevenzione e l'attenzione nelle fasi iniziali in cui si sviuluppano dei contratti potrà essere importanti. Si guarda molto al contratto scritto, che in affari è spesso necessario. Ma il primo contratto è quello che si fa quando ci si pone in relazione e in un lavoro con un altro. Ma forse è utopia credere che non ci siano rapporti economici, professionali e di lavoro che nascono già in perdita e già in perversione. Come sempre occorrerà pensarci e rifletterci nel lavoro e nell'esperienze quotidiane.

Ecco quindi. In questi inciampi, quotidiiani, poi compaiono sempre i cosiddetti tappa buchi, come se si trattasse di una falla subito da chiudere. La scienza è maestra in questo. Lacan diceva che la scienza progredisce solo per via di tappare i buchi. In fondo, anche lo pisocfarmaco, non è che un tampone in cui questa fuoriuscita, questa fuite.... fuga, viene chiuso e subito, di modo che cessi il sui dire. Insieme ai discorsi rilevati da Lacan, mi piacerebbe studiare anche il discorso del Giudice. Il Giudice che ha a che fare con la legge e con il contendere delle parti, il suo situarsi , nella civiltà, al di là del ruolo Istituzionale. Come diceva Giancarlo, il Giudice ha a che fare con l'essere pro o contro. Non è che sia il massimo l'aual di tribunale. A volte la perversione si taglia davvero a fette, nei rapporti tra gli avvocati, tra i giudici, ecc. ecc. ecc... Per questo penso che ridurre i discorsi a uno due, tre o quattro o cinque, non si può mai. Ma la scoperta, che sia di Freud, o di Lacan, o di Contri, può continuare, ciascuno con il suo.... ciascuno ci apporta del proprio studio.

Questo tappare i buchi del sapere, delle case, delle istituzioni, delle imprese, delle industrie... dei conti correnti bancari, delle storie, delle vite.... Memorie o troppo intasate o assenti. Voltar pagina, rapido...

Eppur, sempre ricordando altre parole di Lacan, E' da ciò che sfugge (nel senso: bòtte) che un discorso prende il suo senso, e cioè: dal fatto che i suoi effetti sono impossibili da calcolare.

Bello smacco, nell'era dei calcolatori ellettronici e dei palmari. Pensare che una volta i bambini li portava la cicogna..... Ossia l'uccello dal becco grosso. Perché pensavate che i bambini non avessero capito, e che se la bevessero?

Invece, ahinoi, la tendenza è proprio quella di tappare all'altro il becco, nell'illusione che se la beva. Salvo, poi, ad accorgersi che qualcosa scappa. E, ripeto: quando scappa scappa.

(Trascrizione redatta dalla conversazione avvenuta. Scritto non revisionato, né controllato dall'autore)

© (2006-2019) -Dott. Maurizio Forzoni



Bibliografia: Jacques Lacan - L'interpretazione in Psicoanalisi- La Psicoanalisi n. 3 - Casa Editrice Astrolabio 1988 - Roma
Sigmund Freud - Psicopatologia della vita quotidiana in Opere Vol. IV - Boringhieri - Torino
Jacques Lacan - La scienza e la verità in Scritti Vol. II - Edizioni Einaudi - Torino
Jacques Lacan - Il seminario Libro XVII "Il rovescio della psicoanalisi" - Edizioni Einaudi - Torino
E poi, come sempre, mie proprie riletture, acquisizioni, incontri e esperienze.


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