Eredità freudiana - Studio di Mediazione familiare, pedagogia e orientamento

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Eredità freudiana
di Maurizio Forzoni
              
Maurizio Forzoni
  
"La chiave delle nostre scelte è nell’inconscio", è una frase dello psicologo-analista Jung, allievo e collaboratore di Freud da cui, molto presto, si congedò. In un certo modo questa frase ha la sua verità, nel senso che molto spesso siamo condizionati da molteplici errori educativi che ci provengono da coloro con cui entriamo in contatto e in relazione nei primissimi anni della vita.  Individui che rivestono un ruolo importante nella nostra primissima formazione. L'errore di  Jung che, a nostro avviso, rappresentò uno dei motivi di rottura con il padre  della psicoanalisi,  fu quello di cadere  in un'idea deterministica, destinale, addirittura mistica dell'inconscio. Non va dimenticato, infatti, che l'inconscio non è mai precostituito, pre-determinato e irrimediabilmente destinale. Anche il Super Io, e il godimento correlato, ad esempio,  sono forze estranee (ereditate da altri parentali in carne e ossa),  divenute spesso inconsce,  che spingono il soggetto lontano dal proprio principio di piacere e di beneficio.  Certe altre  forze dell'io, in conflitto con l'ES e il principio di realtà, diventano pulsione inconsce spesso aggressive verso gli altri e se stessi. L'Es stesso, ossia quelle pulsioni ritenute scomode e da soffocare, diventano in gran parte inconsce. Così come inconsce diventano anche parti di reale che il soggetto non riesce ad accettare, costruendone poi delle maschere, dei sostituti, degli alibi o sembianti.   Queste pulsioni e  conflitti possono essere riconosciuti, con buona pace, solo attraverso un lavoro di "diseducazione" formativa e orientativa. Diseducarsi non è un sintomo di cattiva educazione, maleducazione, non è un atto "sovversivo",  e nemmeno di trasgressione che sono, piuttosto,  effetti (e non causa) di errori formativi, ma è un termine che acquista per noi una valenza positiva (diritto positivo), ovvero costituisce  il coraggio di lavorare con un altro al riconoscimento di tutti quegli incagli, quelle ideologie, tabù, rituali, pregiudizi, preconcetti, che poi si tramandano di generazione in generazione e vengono, appunto, fatti propri senza esserne più consapevoli (ossia sono divenuti inconsci).

L'eredità di Freud -- il suo lavoro e insegnamento -- oggi più che mai vanno difesi, perché il suo pensiero subisce molti attacchi, mistificazioni ed errate intepretazioni, facendo cadere l'attività che egli ha inaugurato o nel professionismo (che egli temeva come una delle più forti resistenze alla psicoanalisi), o diviene appannaggio di circoli chiusi ed elitari che ne rivendicano, in un modo e in un altro, ogni diritto di esclusiva e monopolio. Il pensiero di Freud, per suo stesso volere, basta leggere le sue opere senza pre-giudizi, è sempre aperto all'alterità, alla scoperta, a partire dalla sua importante lezione sull'Analisi laica, uno dei suoi saggi  magistrali che è finito per essere rimosso o addirittura negato da gran parte delle dottrine psicoanalitiche che incontriamo oggi. Analisi laica  non significa confinare la questione -- come erroneamente è stato tradotto nelle Opere pubblicate da Boringhieri --  ne "il problema dell'analisi condotta da non medici",  ove nella negazione (non-medici) Cesare Musatti in realtà sembra  volerne rafforzare l'idea (come probabilmente era nell'intenzione di tutta una censura italiana attorno alla psicoanalisi), significa, invece,  profana, ossia analisi non professionistica. Freud non voleva consegnare il suo lavoro alla maschera del professionismo, a una qualche autorizzazione statuale, imposta dall'alto di un atto padronale. Mettere in bocca a Freud ciò che non ha detto e mai pensato non è atto da eredi, ma resistenze/attacchi al suo pensiero. Ciascuno ovviamente è libero di fare della sua attività ciò che vuole, anche una psicoterapia, o qualcos'altro,  oppure di rincorrere certificati, albi e autorizzazioni dal Grande Altro, ma non in suo nome, perché ciò è un atto d'ingiustizia, vera e propria usurpazione. Jung fu, invece, molto corretto. Non si trovava più  con il lavoro di Freud, e fondò un'altra scuola di pensiero, prendendone le distanze, senza maschere o inganni o sembianze.

L'altra questione su cui occorre lavorare nel sociale è che Freud ha sempre  auspicato affinché la psicoanalisi non fosse relegata solo alla particolare funzione terapeutica, ma che diventasse uno strumento di lavoro, di ricerca e pensiero per discipline diverse, quali: la sociologia, l'antropologia, la pedagogia, l'educazione, l'insegnamento, la filosofia, il diritto, la ricerca, la storia, l'economia, e così via. Non vi era nella sua indole e nel suo pensiero nessuna rivendicazione di esclusività e monopolio. Possiamo dire che anche da questo suo invito, oggi, siamo molto lontani. Nel sociale e, soprattutto, nel professionismo dilagante, istericamente, non si va all'appuntamento, ma piuttosto alla ricerca di un padrone a cui poi farla pagare.


Arezzo, lì  28/02/2020


© Dott. Maurizio Forzoni       

TOTEM E TABU' -- GIUA - CORSI  

Maurizio Forzoni (info@maurizioforzoni.it/347.8392440), pedagogista, mediatore familiare e orientatore esistenziale, attualmente svolge attività di pedagogista,  orientamento esistenziale e formativo nelle relazioni d'aiuto in ambito familiare, soggettivo, scolastico, all'interno del Centro Formativo, didattico-pedagogico, di orientamento e ricerca UniSocrates di Arezzo, città nella quale vive. E' iscritto al Registro Nazionale Orientatori presso l'Associazione Nazionale Orientatori – Roma, ed è formatore e supervisore autorizzato Eipass – European Informatics Passport.
(C) 2022 Dott. Maurizio Forzoni

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